Tradizione Carnevale: Maschere e personalità.
Il Veneto ,la mia terra, mi ha ispirata fin da piccola nella scelta degli stili. Si perché la bella Venezia ci rende protagonisti di una tradizione magica, il Carnevale.
Sarà per questo gioco di colori e immaginazione che fin da bambina, ho sognato ed immaginato di riscoprire molti stili differenti durante questo periodo, dall’indiana alla reginetta di cuori, da cappuccetto rosso fino alla ragazza punk….
Insomma ,ho indossato molti costumi e stili diversi, come ogni bambina/o che viva a pieno questa gioia nel travestirsi con colori e forme tipiche di questa festa.
Nella storia di questa tradizione ,si cela una relazione molto forte tra le maschere e la personalità.
Attraverso l’anonimato che garantivano maschere e costumi, si poteva beneficiare di un annullamento di tutte le divisioni sociali. In questo modo nessuno aveva più un ruolo rispetto all’altro, questo permetteva di alleggerire le tensioni legate alla morale e all’ordine pubblico che spesso erano presenti, all’interno della Repubblica di Venezia.
In questo modo era permesso nascondere la propria identità di classe, sesso e religione. Oggi invece parliamo di un eccitante travestimento globalizzato rivolto al mondo.
La maschera, era l’oggetto che permetteva di nascondere il proprio volto e di essere chiunque si volesse. In ogni momento.
Già dalla letteratura , scopriamo il forte rapporto tra la personalità e la nostra immagine, come sostiene ad esempio Pirandello in “Uno Nessuno e Centomila”.
Attraverso la metafora della maschera,spiega come l’uomo si nasconda dietro una “protezione”, che non consente di conoscere e rivelare la propria personalità, non mostrandosi per ciò che si è si. Per questo l’uomo indossa una maschera in determinate circostanze, per rispondere alle richieste del mondo esterno (basti pensare alle sfumature che concediamo di noi stessi nelle relazioni quotidiane lavoro, amici, amore ecc..).
Uno Nessuno e Centomila, non è altro che l’eterno conflitto tra l’immagine che si ha di sé stessi, incarnato dal volto di una persona, e la nostra identità riflessa (l’insieme delle facce che appaiono di noi agli altri).
In realtà, trovo in questa visione un concetto molto attuale se pensiamo alle varie sfumature che si incontrano ogni giorno nelle relazioni e trovo molto intrigante e coinvolgente il pensiero legato alla personalità ed allo stile che ricerchiamo per noi ogni giorno.
Certo, non ci sono le esigenze della Venezia di un tempo nel travestimento, ma risulta ad oggi intrigante ed affascinante l’utilizzo della maschera o del costume durante Carnevale o altre feste, come forma di creatività ed espressione di se stessi.
Il nostro stile quotidiano ha lo stesso potere, diventando così una soluzione ideale (oltretutto se usata come scelta differente dalla massa), un mezzo che mette in comunicazione noi stessi con il nostro sè.
La scelta di una nuova identità diventa paradossalmente uno dei modi per togliersi la maschera che indossiamo tutti i giorni, uscendo dal personaggio che abbiamo costruito o da quello che gli altri ci hanno cucito addosso.
L’ammissione e l’accettazione dei cambiamenti in sé e negli altri diventano una forza personale , permettendo di essere (per quanto possibile nel rispetto), più sinceri con noi stessi e con chi è di fronte a noi.
Il momento di abbandonare le maschere e tentare di mostrare la nudità e la bellezza del proprio volto.
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